ROCK USA
ICONA DELLA TRASGRESSIONE
LOU REED BIOGRAFIA
Lou Reed (New York, 2 marzo 1942 – Southampton, 24 ottobre 2013), è stato uno dei cantautori più importanti, nonché una delle figure artistiche americane più influenti nella cultura popolare del Novecento.
Un percorso artistico costantemente sulle montagne russe di un’ispirazione in bilico, tra incubi e illuminazioni, capolavori e fallimenti, ricadute nell’eroina e resurrezioni interiori.
Ha passato buona parte della sua carriera a decostruire e parodiare, il suo stesso mito, con l’intento di liberarsene. Ma attraverso quest’opera di demolizione non ha fatto altro che fortificarlo.
Anticipatore dei transessuali e degli eroinomani, icona della trasgressione venerata dai punk, divo androgino celebrato da David Bowie. Distintosi per la dose sparatasi in vena sul palco e per aver scritto gli inni più estremi all’autodistruzione. Ebbene, proprio lui sognava di essere ricordato come “il Kurt Weill del Rock”.
Con le sue storie di ordinaria follia urbana, ha raccontato l’altra faccia dell’America. Con i Velvet Underground ha praticamente inventato il rock decadente e da solista ha continuato a sperimentare nuove forme di interazione tra poesia e musica
Il suo sé interiore, era così fragile, che lo nascondeva con le maschere della scontrosità, della freddezza e della polemica. Infatti era molto aspro con i giornalisti, freddo con i fan, anche se poi, in privato, si commuoveva del loro affetto. Polemico con i colleghi, di cui poi ne onorava la memoria. Come avvenne con Frank Zappa, rivale odiato dai tempi dei Velvet, ma che rispettosamente introdusse, post-mortem, nella Rock ‘n’ Roll Hall of Fame.
UNA VITA PER IL ROCK
Lou Reed, ha dedicato una vita al rock’n’roll, diventando un’icona, un archetipo, un mito, una leggenda vivente. Un artista in continua trasformazione che, in tanti anni di carriera, ha mantenuto intatta, la voglia di emozionare ed emozionarsi.
Dalla metà degli anni ‘60, non c’è stato decennio in cui non abbia lasciato la sua impronta di iconoclasta, ribelle, fuori degli schemi.
Infatti fu parte integrante per lo sviluppo della musica rock, di cui incarna incredibilmente il vero spirito.
Vittima, per anni, di abuso di droghe e alcool, ha avuto la forza e la capacità di venirne fuori. Fortunatamente ha trovato quell’equilibrio e quella integrità, che gli hanno permesso di essere in pace con se stesso. Mostrandosi per ciò che era realmente, senza più la necessità di doversi nascondere dietro alle maschere dei suoi personaggi.
LE FERITE CHE GERMOGLIANO
La vita dei grandi artisti, spesso è segnata con uno, o più avvenimenti, che li hanno particolarmente colpiti. Chissà sono forse proprio quelle esperienze così forti, a renderli speciali, sensibili e creativi. In qualche modo, quelle ferite hanno fatto germogliare in loro, veri e propri capolavori dell’arte, di cui noi ne siamo i fortunati beneficiari.
A prova di ciò, anche la vita di Lou Reed è stata caratterizzata, fin dall’adolescenza, da traumi e contrasti con la propria identità.
Indubbiamente, l’evento più doloroso lo visse nel ‘56, quando la famiglia lo costrinse a sottoporsi ad una terapia di elettroshock. Ciò, per frenare la nascente bisessualità che si stava manifestando in lui. Trauma questo, che lo segnerà per tutta vita, facendogli nascondere la sua debolezza interiore, sotto un’immagine scura e rabbiosa. Quella ferita fece nascere in lui un germoglio creativo, che gl’ispirò uno dei brani in cui emerse maggiormente il suo dolore: “Kill Your Sons”.
IL POETA MALEDETTO DEL ROCK
Durante l’università, l’incontro con la poesia di Delmore Schwartz lo segnò in forma radicale, cambiando nettamente la sua vita. Infatti, l’influenza di questo scrittore malato e alcolizzato, spinse Reed a “portare la sensibilità della letteratura nella musica rock”.
Divenne un poeta trasgressivo e
turbolento, la cui vita è stata contraddistinta da eccessi, droghe e l’immancabile rock ‘n’ roll.
E’ annoverato, come Jim Morrison, tra i poeti maledetti.
Il poeta maledetto del rock, l’artista che con tre accordi di chitarra e il suo fare svogliato, ha dato vita ad una nuova generazione di rocker, ad un nuovo modo di fare musica. Ha saputo, in maniera arguta, brusca e sarcastica, essere il poeta-cantore dell’immoralità. La sua musica è riuscita a descrivere il male esistenziale, le deviazioni e le perversioni umane, l’abisso della droga e dei bassifondi metropolitani.
Come gli amati poeti maledetti francesi, Lou Reed ha vissuto l’arte come una suprema alchimia interiore.
Infatti a New York nel 2007, durante la cerimonia in cui Reed veniva onorato come eccellenza letteraria dalla Syracuse University, Bono Vox, lo presentò con la sua usuale furbizia e retorica.
“Stasera fra di noi c’è un alchimista… Lou ha trasformato l’immondizia cosmica di questa città, in oro”. (Cit. Bono Vox)
Da grande amante di Edgar Allan Poe, Reed sapeva che, il modo migliore per nascondere qualcosa era metterlo sotto gli occhi di tutti. Così, sulla copertina del disco “Magic and Loss”, compaiono espliciti simboli alchemici.
Ma, attenzione, non si trattava di un’infatuazione superficiale per l’occulto, come di moda negli ambienti dell’intelligenza newyorkese. Reed era un intellettuale consapevole, ed intendeva il riferimento all’alchimia, come simbolo di trasformazione interiore.
ICONA DI STILE ON THE WILD SIDE
Lou Reed era visto come un essere strano e misterioso. I suoi atteggiamenti bizzarri e scostanti, la sua passione per i poeti maledetti, i suoi dialoghi cinici e corrosivi, crearono un’immagine forte e irresistibile.
Non si poteva considerare solo grande musicista, infatti il suo stile era l’emblema della sua essenza, facendolo imporre anche come icona del look maschile.
Il suo essere semplice, minimalista, senza fronzoli, né follie modaiole, creava tendenza e inevitabilmente divenne un modello da imitare. Gli bastavano una t-shirt, un paio di occhiali scuri e l’immancabile giubbotto di pelle nera per essere chi era, una leggenda del rock.
Sono passati gli anni e le mode, ma Lou Reed rimane senza dubbio una della icone dello stile maschile che hanno avuto una maggiore influenza.
STILE
Il suo rock cambiò con il corso degli anni, subendo mutazioni e, inevitabilmente, arricchendo la scena musicale di un inconsueto stravolgimento targato: Lou Reed.
Con uno stile tormentato e inafferrabile, ha attraversato un lungo percorso di generi. Partendo dall’R&B, al rock psichedelico, dal rock sperimentale al rock ‘n’ roll, passando per il glam rock, il pop e per sonorità più leggere. Concludendo con collaborazioni degne di nota, che gli consentirono di sperimentare nuove sonorità, fra cui, la salsa con Rubén Blades e il soul con Sam Moore.
Fino ad arrivare a lavorare su sonorità più estreme con i Metallica, avvicinandosi inevitabilmente all’heavy metal, convergendo a tratti nella musica sperimentale. Ha portato alla nascita di un nuovo modo di eseguire e concepire la musica, esercitando un profondo impatto su moltissime formazioni rock venute in seguito. Considerato un influencer fondamentale, per la nascita della scena musicale alternativa e iniziatore del rock indipendente. E’ stato anche classificato, fra gli artisti hard rock, Album-oriented rock e punk wave.
LA MORTE DEL GRANDE LOU REED (biografia)
Nel Maggio 2013, aveva subito un trapianto di fegato. Il 30 Giugno viene ricoverato d’urgenza in ospedale, per una grave forma di disidratazione. Il 27 Ottobre, ne viene annunciata la morte improvvisa.
“Il mondo ha perso un compositore superbo e un poeta…io ho perso il mio compagno di scuola”. ( Cit.John Cale).
La rivista Rolling Stone lo pone al 62° posto nella classifica dei 100 migliori cantanti di sempre e all’81° nell’elenco dei migliori chitarristi di tutti i tempi.
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