RISING STARS INTERVISTE: SPECIAL GUEST JOE SAL
INTERVISTA: DIETRO LE QUINTE
Quarantaquattresimo appuntamento con Rising Stars Speciale Interviste (JOE SAL), il salotto dedicato agli artisti e alle band indipendenti, curato da Arianna Rebel!
L’ospite di oggi, all’interno del nostro format, è JOE SAL che ci propone CAREFUL WHAT YOU DREAM.
Arianna Rebel ci porta, come di consueto, in un viaggio attraverso storie uniche, legate dall’amore per la musica. Con le sue parole, ci fa conoscere i sogni e le sfide degli artisti. Questi creativi con la loro arte, rendono il mondo musicale più ricco e bello.
La produzione è curata Ark.
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BIOGRAFIA
Nato a Milano nel 1978, Joe inizia da adolescente come chitarrista in alcune rock band locali.
Nel 1999 dà vita al trio hard rock KickStart, con i quali inizia anche la sua carriera di cantante. Questa formazione auto-produce nel 2003 il disco Fuel e nel 2006 il singolo I Am Free, oltre a esperienze presso festival, radio, tv, riviste musicali.
Mentre sperimenta le proprie potenzialità con la voce e con la chitarra in diverse band, viene ospitato come cantante in alcuni dischi di formazioni prog: RedZen, SoulenginE, Archangel. In molti di questi progetti viene coinvolto da suo fratello, il chitarrista Ettore Salati.
Nel 2012 inaugura il suo progetto solista, semplicemente chiamato Joe Sal, con brani originali: un alternative rock presentato dal vivo da solo, semplicemente voce e chitarra. La sua attrezzatura comprende LOUD Guitars.
Nello stesso anno entra a far parte come cantante prima, e in seguito anche chitarrista ritmico, della formazione prog Alex Carpani Band, con cui va in tour in diversi paesi d’Europa, negli Stati Uniti e in Brasile, e collaborando con David Jackson, sassofonista degli storici Van Der Graaf Generator. Con ACB ha l’occasione di suonare anche con componenti di King Crimson, Le Orme, PFM, Osanna. Partecipa anche a due dischi della formazione: 4 Destinies (2014) e So Close So Far (2016).
Nel 2019 fonda i Magical Mysteries, tributo ai Beatles in versione hard rock.
Dal 2018 a oggi col suo progetto solista pubblica diversi singoli (No Lies, She-Cat, I Belong to the Sun, Beautiful Light, Cold Sting ft. Guido Block, End of a Friendship). Il nuovo singolo, il cui video è su YouTube, è intitolato Careful What You Dream. Tutte queste canzoni sono incluse nell’album di imminente pubblicazione Out of the Box.
RECENSIONE
a cura di Nicola Morini
Joe Sal ha appena realizzato un album che fa da ponte generazionale per la musica contemporanea, per chi come lui è nato alla fine degli anni ’70; è un ponte anche per coloro che hanno vissuto come lui l’adolescenza fra gli anni ’80 e ’90, e la piena maturità post 2000.
“Out of the box” è il suo nuovo album, ed è una raccolta di brani che risentono molto del suo stile; le sonorità ricordano tanti periodi fondamentali per la sua formazione musicale, nonché in assoluto nella storia: innanzitutto l’esperienza pluriennale nella band di Alex Carpani, con il quale ha suonato e cantato, assieme a tanti grandi musicisti delle migliori progressive rock band anni ’70, ha colorato di prog il suo stile, la sua voce, e i suoi arrangiamenti; ha raffinato la sua voce, la quale è unica sia per l’estensione alta presa, sia per l’incontro fra una voce cristallina e una struggente, tipica del rock AOR anni ’80.
Tuttavia la opening track “I belong to the sun“, brano spinto e dal groove ritmico, semplice ed efficace, ci rivela la tendenza comunque pop dell’artista: è un pop non banale, raffinato, orecchiabile e senza tempo; questo perché il suo linguaggio musicale viaggia fino ai giorni nostri, prendendo anche ispirazione dallo stile di John mayer, specie per la chiave pop e per lo stile chitarristico.
La seconda traccia, “The end of a friendship” invece affronta un tema più complesso e sempre attuale, la rottura di una lunga amicizia. Lo stile qui è molto chiaro, richiama quello post rock di radici anni ’90. Non a caso Joe Sal è principalmente un artista alternative rock, e qui si affonda nel ventre della sua creatività, e si viaggia in profondità, sia con la musica che col testo, con il successivo brano, “No lies“, ballad rock che ci invade l’anima, scavando nella fragilità umana.
Torniamo poi nello stile iniziale, con ritornelli dalla cassa in quattro, per saltare meglio ai concerti, con il brano “Beautifull light”, le cui sonorità tentano di affacciarsi anche su ritmi e voci più jazzati, certamente più marcati nel brano “She-cat”.
E poi c’è il momento di luce attraverso un percorso più dark: è il brano “Cold sting” a evocarlo, brano alternative rock dalle sonorità più moderne, alla Muse, specie per la voce di Joe, che fa da vessillo di coraggio e speranza, nonostante l’errore umano.
Dov’è che si possono incontrare questi generi e stili diversi ma fra loro amici? Certamente in brani come “A-I-A“, o “Pester“, brano di chiusura dell’album, o l’ultimo singolo “Careful what you dream“.
Questi infatti richiamano con energia e vitalità le vibes dei Porcupine Tree, dunque di un prog tenente più al metal, acido e incalzante, ma molto pieno di groove hard.
I testi mistici e dark, quasi da tormento e incubo, come raccontano già molto da questi titoli, ce lo mostrano ancor più.
Infatti ritroviamo lo stile più intimo e sempre dark alla Steven Wilson in brani più acustici come “What I leave“, brano in cui l’eredità che l’io narrante dell’album regala all’ascoltatore è un vessillo di libertà: “Cosa lascio ai miei figli è un vessillo per cui ho combattuto per loro, per la libertà”.
INTERVISTA PER ROCKANDWOW
a cura di Arianna Rebel
Nel salottino virtuale dedicato agli artisti di Rising Stars, la redazione di Rockandwow ha accolto un ospite molto talentuoso: JOE SAL.
In questa speciale intervista, la band ha rilasciato due gemme: una sotto forma di registrazione audio e l’altra tramite parole scritte. Un doppio incontro con la loro musica e la loro anima, che ci porta in un viaggio attraverso note ed emozioni.
- Quali sono le vostre principali influenze musicali e come le incorporate nel vostro stile?
Credo che le influenze che caratterizzano maggiormente questo mio progetto solista siano alcuni musicisti alternative degli anni ’90: Chris Cornell, Jeff Buckley, i Pearl Jam… Ma non solo. Sicuramente i Led Zeppelin sono una delle mie influenze principali. Può sembrare strano ma anche lo Stevie Wonder degli anni ’70 ha avuto un certo ascendente sul mio modo di intendere la scrittura dei pezzi. Quanto a incorporarle, non ho una risposta, nel senso che scrivo musica in maniera molto libera e viscerale. Solo in retrospettiva riesco a capire da cosa sono state influenzate certe melodie. - Cosa vi ispira a scrivere le vostre canzoni e quali sono i temi ricorrenti nei vostri testi?
L’ispirazione viene semplicemente dal prendere in mano la chitarra perché sento l’urgenza di doverlo fare, un po’ come fosse un rifugio da tutte le ansie della vita… Dopodiché la musica scorre, e solo ciò che resta vale la pena di metterlo su un disco. Per quanto riguarda i testi, mi piace spesso raccontare delle storie. Sicuramente i temi più ricorrenti riguardano la decadenza, la malinconia, le illusioni che il nostro cervello crea… - Qual è stata la vostra esperienza più memorabile sul palco e perché?
Sicuramente quando nel 2013 (sono passati già 11 anni!) ho suonato con la Alex Carpani Band insieme a David Jackson sul palco del festival Virada Cultural a Sao Paulo del Brasile… Un evento open air gigantesco che dura 48 ore in giro per tutta la metropoli. Non so quantificare il pubblico ma al nostro concerto erano migliaia, e tutti estremamente partecipi e affettuosi. È stata un’esperienza unica che mi porterò nel cuore, anche per le belle persone conosciute e le mangiate di picanha! - Quali sono i vostri progetti futuri e quali sono le vostre ambizioni artistiche?
Fare Out of the Box è stato un processo molto lungo e complicato per vari motivi. Per adesso mi godo questo momento in cui finalmente il 24 maggio celebriamo l’uscita del disco con un release party da U/N club. Dopodiché, non ho le idee chiarissime. Ho già una mezza idea di fare un ep con alcuni pezzi voce e pianoforte insieme all’amico Angelo Racz, che già ha lavorato su Out of the Box. Poi mi piacerebbe dedicarmi un po’ al mio tributo rock ai Beatles, i Magical Mysteries. E sto anche provando a scrivere pezzi in italiano, dopo tanti anni di inglese forse è arrivato il momento. - Come avete sviluppato il vostro suono distintivo e come lo descrivereste?
È difficile da descrivere, forse dovrebbe farlo qualcun altro al posto mio: dare un’etichetta alle proprie cose è sempre difficile. Diciamo che l’obiettivo è di avere un suono abbastanza ruvido, naturale. Tempo fa, quando facevo principalmente hard rock, attaccavo alla chitarra vari effetti, distorsione al massimo eccetera. Oggi invece attacco la chitarra diretta nell’amplificatore, tengo la distorsione a poco più che un crunch. Non cambio nemmeno il canale ma per fare il suono pulito mi limito ad modulare il volume della chitarra. Insomma, ho cercato di togliere ogni fronzolo e avere un approccio più naturale, se vogliamo “sincero”. Lo stesso vale per la mia voce, non cerco timbriche artificiali ma mantengo il mio timbro naturale. Ovviamente cerco comunque di interpretare a mio gusto i pezzi. Graffiati quando devono esserlo, senza sforzarmi di avere un cantato “pulitino”, ma nemmeno mi sforzo di essere qualcos’altro rispetto al me stesso al 100%. Se poi questo sound possa piacere o meno, saranno gli ascoltatori a dirlo.