PINK FLOYD, E L’INCUBO DEL FILM THE WALL

L’ALBUM

PINK FLOYD, e l’incubo del film The Wall. The Wall dei Pink Floyd è un album che ha segnato un’epoca. Narra la storia di una rock star che decide di voltare le spalle alla società e di chiudersi in sé stesso, dietro il suo “muro”. Le canzoni del disco tracciano così la storia del protagonista, Pink, e la band pensò subito di trasformarla in un film, ancor prima di registrare i brani. Il lavoro, però, fu tutt’altro che semplice.

LA REALIZZAZIONE DEL FILM

Inizialmente i musicisti pensarono di realizzare il film con dei filmati dei concerti del tour legato a The Wall. Si sarebbero alternati, alle immagini d’animazione create da Gerald Scarfe, quelle che avrebbero mostrato lo stesso Roger Waters nei panni di Pink. Però, la casa discografica EMI, si oppose a questa idea, insistendo però sull’idea di realizzare il film

Alla fine i Pink Floyd si affidarono ad Alan Parker che assunse così la guida del progetto. Per lui fu una grande occasione perché significava lavorare insieme ad alcune tra le più grandi rock star della storia. Il regista, però, capì immediatamente di aver sbagliato a dire di sì alla band e se ne pentì amaramente sin dall’inizio del lavoro.

LE RIPRESE

Il protagonista del film, doveva essere Roger Waters ma, dopo le prime prove, ci si rese conto che il musicista non era adatto al ruolo. Si penso allora di ingaggiare Bob Geldof. Tra l’altro, accadde un episodio molto particolare: dopo aver ricevuto l’offerta, ne parlò con il suo agente mentre erano in taxi, confessando di non aver mai apprezzato i Pink Floyd e la loro musica. Curiosamente, l’autista di quella vettura era il fratello di Roger Waters.

Nel frattempo, crescevano le tensioni tra Waters e il disegnatore Gerald Scarfe. Infatti i due non erano d’accordo su molte cose e questo rese il lavoro di Parker davvero impossibile.

Il musicista, il disegnatore e il regista, in effetti, avevano tre idee ben diverse su come realizzare il film di The Wall. Fu così non riuscirono ad arrivare a una soluzione condivisa. Alla fine la pellicola sembrò a tutti loro una storia senza una struttura e senza coerenza. Si arrivo alla conclusione che solo Waters poteva dire cosa significasse davvero il film.

La lavorazione di questo film, tra l’altro, fu un vero incubo non solo per Parker ma anche per Scarfe. Di fatto, l’artista era stressato e nervoso all’idea di dover andare ogni giorno al lavoro. Era anche così ansioso che alla fine iniziò persino a cercare conforto nell’alcool e a portare sempre con sé una fiaschetta di whiskey.

Gerald Scarfe, Roger Waters e Alan Parker, non solo non riuscirono a trovare un accordo sulla trama e sulla composizione della storia. Si scontrarono anche quando fu deciso di ingaggiare una banda di violenti skinheads, noti come i Tilbury Skins, per girare delle scene con una folla che fosse reale.

Invitare sul set un gruppo così numeroso di soggetti ben poco raccomandabili non fu una grande idea. Ancor prima di arrivare sul posto, questi tipi causarono parecchi problemi ai pub locali dove andarono ad ubriacarsi. Alan Parker si ritrovò così a dover gestire questa massa di delinquenti e lì capì di aver davvero raggiunto il limite della sopportazione.

FLOP PER WATERS

Il regista però riuscì a resistere e a completare il lavoro. Un film che forse, ad oggi, resta l’unico vero passo falso nella carriera di Roger Waters. Sebbene molti fan amino questo film, sono in tanti a pensare che l’opera non sia riuscita davvero a cogliere la magia dell’album. Né tanto meno a ricreare l’incredibile atmosfera degli storici ed ineguagliabili live di The Wall.

In conclusione, vi invitiamo a seguire le nostre serie per gustravi alcuni dei brani dei Pink floyd e saperne di più:
https://rockandwow.it/radio/

CHI ERA DAVVERO JOHN BELUSHI?

ROCK NEWS


IL FILM DOCUMENTARIO UFFICIALE SULLA VITA DI JOHN BELUSHI 2020

“Chi era davvero John Belushi? “: a dirlo sarà l’omonimo film documentario, la cui regia è affidata a R. J. Cutler. Si tratta di un documentario che racconta non solo il lato artistico dell’artista, ma anche quello umano.

Servendosi di foto inedite, clip tratte dalle varie performance dell’attore, lettere scritte a mano da John stesso, il documentario evidenzia anche le diverse contraddizioni di Belushi: dal classico leale ed affabile ragazzo del Midwest, fino al suo spirito ribelle ed anarchico.

Si scopre così che l’attore, ai tempi del liceo, era un batterista Hipster, ma anche un gran romanticone (lato caratteriale svelato grazie alle lettere indirizzate a Judy Jacklin, donna di cui era innamorato e che poi divenne la sua sposa).

Dall’aspetto privato, il documentario passa poi a quello pubblico, raccontando la grande ascesa di Belushi come showman al Saturday Night Livem, fino ad arrivare al grande cinema.
Non viene tralasciato nemmeno il suo rapporto con la droga: Belushi infatti era dipendente dalla cocaina.

In un’intervista, Carrie Fisher, raccontò che John non volle mai andare inhje  riabilitazione, convinto di essere in grado di chiudere con la droga da solo.
Purtroppo non fu cosi: morì a soli 33 anni.

Nel 1978, il magazine Rolling Stone, gli dedicò un articolo, sostenendo che il grande impeto che aveva reso grande Belushi avrebbe finito per distruggerlo.

Effettivamente, l’attore stesso, in una delle sue ultime lettere, parlava ai suoi amici della paura di aver raggiunto il punto di non ritorno, seppur involontariamente.

Ecco quindi che il documentario festeggia nel migliore dei modi le 71 candeline che quest’anno avrebbe spento l’attore.

Il film diretto da R.J. Cutler debutterà in anteprima su Showtime domenica 22 novembre, con al suo interno interviste di coloro che lo conoscevano meglio, tra cui Dan Aykroyd, Jim Belushi, Penny Marshall e molti altri. Oltre alle interviste con gli amici e la famiglia, il documentario conterrà anche foto inedite dalla collezione della vedova del comico, Judy Belushi Pisano.

Prima della visione su Showtime, il film il 14 ottobre aprirà il Chicago International Film Festival.