IL RITORNO DEI MUSE

Il ritorno dei Muse
Il ritorno dei Muse, è uscito “Will Of The People”
Articolo a cura di Luca Di Criscio

ROCK NEWS

IL RITORNO DEI MUSE, È USCITO “WILL OF THE PEOPLE”
MANEGGIARE CON CURA

Sono passati 4 anni dall’ultimo lavoro in studio della band “Simulation Theory” e da allora è successo praticamente di tutto. Per quanto riguarda i Muse, hanno dovuto affrontare un mastodontico tour mondiale, che li ha tenuti impegnati tra il 2018 e il 2019, al quale ha fatto seguito un film concerto molto ambizioso; si sono presi in seguito una pausa più lunga del previsto prima di riprendere a comporre e hanno curato una nuova edizione di “Origin Of Symmetry” per il suo ventennale. Per quanto riguarda noi… beh sappiamo tutti cosa abbiamo dovuto affrontare ed è proprio di questi anni di pandemia che i Muse vogliono parlarci nel nuovo disco, analizzandoli da diversi punti di vista e affiancandoli ad altre problematiche emerse nella nostra società nel recente passato.

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MANEGGIARE CON CURA

Tornare nei negozi con un nuovo disco dopo tutto ciò è assai difficile, perciò quello della band britannica (Il Ritorno dei Muse) è un disco da maneggiare con cura, innanzitutto perché ogni nuova uscita di un gruppo del calibro dei Muse, star planetarie, genera a prescindere un hype clamoroso (creato a sua volta dalla band stessa, che prima del disco ha rilasciato ben 4 singoli) che rischia di rovinare il prodotto, poiché ogni volta si spera di trovarsi difronte al nuovo “Absolution” o “Origin Of Symmetry”, nati in contesti diversi e irripetibili, e si finisce col rimanere delusi nel proprio ancoraggio al passato.

Will Of The People

Altro motivo per il quale l’album va affrontato con cautela è che esso è estremamente variegato. Il disco, infatti, nasce da due input principali: la volontà della band di attuare un ritorno alle origini e la richiesta da parte dei discografici di rilasciare un “The best of”, un’antologia dei loro brani migliori. Il risultato che ne viene fuori è una raccolta dei loro stili, che si spoglia delle vesti elettroniche di “Simulation Theory” e guarda più al passato, recuperando in parte il suono duro dei primi dischi.

PRODUZIONE DEL DISCO

Si parte con il glam rock di “Will Of The People”, che riecheggia a tratti “Uprising”, che è subito seguito dall’elettronica di “Compliance”. Ci si muove attraverso il rock sinfonico di “Liberation” ripreso da “United States Of Eurasia”, il metal più puro e mai sentito prima nei Muse di “Won’t Stand Down e la toccante ballata per solo piano “Ghosts”. Seguono nell’eclettismo di questo disco l’atmosfera spooky di “You Make Me Feel Like It’s Halloween”, degna del nome che porta, e il mix di metal, industrial e progressive di “Kill Or Be Killed”.

Avvia verso la chiusura del disco una coppia di brani più deboli formata dalla delicata “Verona”,che sembra rifarsi in alcuni punti a “Guiding Light”, e dalla poppeggiante “Euphoria”. L’album recupera vigore con un’epica traccia conclusiva in pieno stile Muse: “We Are Fucking Fucked chiude i giochi con i suoi riff granitici regalando un finale apocalittico quanto sorprendente e d’impatto.

A TEMA COVID 19

Per quanto concerne i testi non possono di certo mancare le liriche complottistiche incentrate sul controllo esercitato sulla popolazione e la necessità da parte di questa di sollevarsi e attuare una rivoluzione (le si possono riscontrare in brani come “Will Of The People”, “Compliance” e “Won’t Stand Down”), tipiche del leader Matt Bellamy e degne di un disco che si chiama per l’appunto “la volontà del popolo”.

Il tema portante dell’album però risulta essere la pandemia da Covid-19, analizzata sotto diversi aspetti a livello sociale, e ne derivano quindi temi come: la morte di propri cari dovuta al virus in “Ghosts”; le violenze domestiche subite dalle donne durante la quarantena in “You Make Me Feel Like It’s Halloween”; i contatti proibiti in “Verona” e la necessità disperata di tornare alla libertà in “Euphoria”.

Al di fuori di ogni categoria tematica troviamo la conclusiva “We Are Fucking Fucked” con un testo estremamente apocalittico e tutt’altro che rassicurante, che costituisce un po’ la “summa” di tutti i problemi della società contemporanea tra virus, guerre e preoccupanti cambiamenti climatici.

SENZAZIONI E RECENSIONE

Nel complesso, ciò che ne viene fuori è un disco all’altezza delle aspettative, con un sound che veramente rappresenta un ritorno al passato, recuperando molto le sonorità di “The Resistance” nello specifico e affiancandole a suoni e riff più heavy, che tutti i fan della band inglese ameranno. Tra le note positive troviamo inoltre un Matt Bellamy, che torna a destreggiarsi abilmente tra arpeggi classicheggianti al pianoforte e tecnici assoli di chitarra degni di nota, e un Dominic Howard in gran spolvero che per l’occasione aggiunge al suo set di batteria un doppio pedale, raramente sentito prima.

Gli aspetti più deludenti sono da rintracciare invece in un Chris Wolstenholme poco presente e, rispetto a come aveva abituato in passato, con uno scarso numero di giri di basso realmente in evidenza e nell’esigua durata del disco, meno di 40 minuti, nel quale ci si poteva aspettare qualche brano in più, ma che se non altro risulta essere compatto e privo di momenti morti.

Nonostante ciò, il disco piace e, come spesso accade, più lo si ascolta e più si è in grado di apprezzarne le nuove composizioni così come l’incredibile talento di questo trio che, ormai da 20 anni infiamma i palcoscenici di tutto il mondo e continuerà a farlo a lungo nel tour mondiale che prenderà avvio nel prossimo anno. Per ora, tuttavia, non ci resta che goderci questo nuovo lavoro in studio e il ritorno in scena dei Muse.

TRACKLIST:

  1. Will Of The People
  2. Compliance
  3. Liberation
  4. Won’t Stand Down
  5. Ghosts (How Can I Move On)
  6. You Make Me Feel Like It’s Halloween
  7. Kill Or Be Killed
  8. Verona
  9. Euphoria
  10. We Are Fucking Fucked

PS. Per un’analisi completa e più approfondita traccia per traccia dell’album, in allegato troverete il link del video realizzato da Luca Si Criscio e Mattia Caporrella e pubblicato sul canale You Tube di quest’ultimo, nel quale si discorre ampiamente di questo ultimo lavoro in studio dei Muse:

STING “MY SONGS TOUR”

STING “MY SONGS TOUR”

Milano 25/10/2022. un viaggio attraverso il passato e il presente di Sting.

Articolo a cura di Luca Di Criscio
Milano 25/10/2022: “My Songs Tour”, un viaggio attraverso il passato e il presente di Sting
Articolo a cura di Luca Di Criscio

ROCK NEWS

MILANO 25/10/2022: “MY SONGS TOUR”, UN VIAGGIO ATTRAVERSO IL PASSATO E IL PRESENTE DI STING

Per un artista della vecchia guardia non è mai facile sopravvivere alla propria epoca artisticamente parlando e mantenere contemporaneamente successo e dignità. Le ragioni possono essere sia storico-culturali, perché autori che hanno operato in un certo contesto musicale del passato non sentono il bisogno di muoversi da quel territorio, sia biologici, poiché con l’avanzare dell’età vengono sempre meno le facoltà mentali e fisiche. Bene, questo discorso è valido per molti, ma non per Sting. Il bassista e cantante inglese a 71 anni è ancora in grado di produrre dischi validi (l’ultimo “The Bridge” è stato pubblicato nel 2021) e di condurre tour mondiali di alto livello. L’ultimo di questi ha fatto tappa anche al Mediolanum Forum di Assago.

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DI PADRE IN FIGLIO

Dopo l’apertura lasciata all’erede artistico di Sting nonché figlio Joe Sumner, che ha dimostrato notevoli abilità tanto con la voce quanto con la chitarra, egli cede il palco a papà Gordon, che sale sul palco con il suo fedele basso, accolto da un’ovazione del pubblico milanese.

L’inizio è di quelli che lasciano il segno: “Message In A Bottle” infiamma la platea e mette subito in chiaro che l’artista inglese ha tutt’altro che rinnegato il repertorio della sua vecchia band. Il grande classico dei Police viene subito seguito da altri due pezzi da novanta quali la raffinatissima “Englishman In New York” e la scoppiettante “Every Little Thing She Does Is Magic”.

Già da questo primo frangente di concerto si nota evidentemente come Sting sia in uno stato di grande forma, come dimostra il fatto che egli era in continuo movimento sul palco mentre si destreggiava abilmente tra basso e voce. Inoltre, l’artista britannico, fermatosi un momento per salutare il suo pubblico, ha dimostrato una buona padronanza dell’italiano dialogando con i fan più di quanto la maggior parte degli artisti internazionali avrebbe mai fatto e presentando i successivi brani.

TRA PRESENTE E PASSATO

È il momento di fare un salto nel presente con una tripletta tratta dall’ultimo album in studio “The Bridge”, aperta dal singolo trainante del nuovo disco “if It’s Love” e dal suo caratteristico fischiettio che esegue la melodia principale. I brani scorrono via veloci ed è subito tempo di tuffarsi nuovamente nel passato con grandi classici come “If I Ever Lose My Faith In You” e la delicatissima “Fields Of Gold”, salvo poi dedicare una nuova parentesi al presente con uno dei brani meglio riusciti della serata: “Brand New Day” regala attimi di divertimento puro per il pubblico che sulle note di questo irresistibile brano non può fare a meno di battere il piede e muovere la testa a tempo.

Degna di nota qui è anche la prestazione del giovanissimo armonicista Shane Sager, che ha eseguito alla perfezione la parte originariamente suonata da un mostro sacro come Stevie Wonder, determinato com’era a non farlo rimpiangere in seguito ad un simpatico siparietto con Sting, il quale sosteneva che egli non potesse essere in grado di replicare la parte.

Siamo in una fase del concerto (STING “MY SONGS TOUR”) molto intensa, nella quale trova posto un’autentica perla come “Shape Of My Heart”, la cui esecuzione è letteralmente da brividi e crea un’atmosfera magica che rapisce il pubblico intero. La versione proposta da Sting, inoltre, strizza l’occhio al presente, poiché contiene un inserto del famoso brano del rapper Juice WRLD “Lucid Dreams”, che fa uso di un campionamento tratto dal capolavoro del musicista britannico, affidato alla voce del corista Gene Noble.

E’ L’ORA DEI POLICE

Ci si comincia ad avviare verso la fine di questo concerto e ciò vuol dire una sola cosa: Police. Sting inaugura una lunga carrellata di brani tratti dal repertorio della sua storica band con l’iconica “Walking On The Moon” e passando attraverso una serie di classici indimenticabili arriva rapidamente alla conclusiva e immortale “Every Breath You Take”, brano più atteso dal pubblico, che prontamente lo esegue in coro con l’artista britannico.

Dopo essersi concesso davvero poche pause durante la serata suonando molti brani in sequenza uno dopo l’altro, Sting scende dal palco per una manciata di minuti per poi tornare sul palco e regalare ai fan ancora qualche brano del suo immenso catalogo. La sua scelta ricade su “Roxanne”, primo grande successo dei Police eseguito per l’occasione in una veste tutta nuova, ma soprattutto su “Fragile”. “Questa canzone è per le persone dell’Ucraina” afferma il cantante inglese prima di imbracciare la sua chitarra classica e lanciarsi nell’esecuzione di questo brano toccante, delicato e immortale, che mostra le grandi abilità di Sting come strumentista e suggella alla perfezione una serata indimenticabile.

STING “MY SONGS TOUR”: EMOZIONI INDIMENTICABILI

La sensazione che si prova all’uscita dal palazzetto è di piena soddisfazione: il bassista britannico ha offerto uno spettacolo curato in ogni minimo dettaglio, che è riuscito a viaggiare tra i classici e le nuove produzioni dell’artista valorizzando queste ultime, ma tenendo comunque conto dei gusti del pubblico e non omettendo quasi nessuno dei brani più amati dai fan.

Musicalmente parlando, poco c’è da dire di Sting, che ancora una volta ha dimostrato la sua grande abilità come cantante e strumentista: nonostante l’età, che ha portato a dover rivedere la tonalità di molti dei brani dei Police divenuti troppo alti col passare degli anni, l’artista inglese è stato in grado di sostenere più di un’ora e mezza di concerto stando in piedi e cantando e suonando simultaneamente.

La band che lo ha accompagnato è stata altrettanto brava nel riprodurre le sonorità dei brani, mostrando anche spiccate doti individuali come evidenziato in precedenza. Unica nota di leggero disappunto è stata la performance del batterista Zach Jones, che suo malgrado non ha potuto replicare il drumming unico di un talento autentico come Stewart Copeland (batterista dei Police), ma che nel complesso non ha sfigurato affatto.

Lo stato di forma e la freschezza di questo Sting impressionano e fanno ben sperare per il futuro, che con buone probabilità potrà riservarci nuovi lavori e, chi può dirlo, magari anche un nuovo tour, ma per ora è il momento di dire arrivederci al nostro amato Englishman passato solo per una breve visita nel bel paese.

SETLIST:

  • Message In A Bottle
  • Englishman In New York
  • Every Little Thing She Does Is Magic
  • If It’s Love
  • For Her Love
  • Rushing Water
  • If I Ever Lose My Faith In You
  • Fields Of Gold
  • Spirits In The Material World
  • Brand New Day
  • Shape Of My Heart
  • What Could Have Been
  • Whenever I Say Your Name
  • Walking On The Moon
  • So Lonely
  • Desert Rose
  • King Of Pain
  • Every Breath You Take
  • Roxanne
  • Fragile